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Un patto per un'Italia moderna, competitiva, solidale e sostenibile. Luigi Sbarra su “Il Messaggero”

Su Il Messaggero di oggi, 16 aprile, il segretario generale della CISL Luigi Sbarra spiega le ragioni che sostengono l'obiettivo di un patto sociale per assicurare scelte capaci di tenere assieme sviluppo, equità e coesione. Difendere salari e pensioni dall'inflazione, dare qualità e stabilità al lavoro sono gli obiettivi cui la CISL assegna priorità e per i quali si dice pronta a confontarsi col Governo.

Quando le comunità attraversano momenti di svolta, la partecipazione di tutte le parti sociali è fondamentale per assicurare che le scelte che si faranno possano garantire sviluppo, equità e coesione. Per uscire dalla crisi determinata dalla pandemia e dalle conseguenze gravi dell'invasione ucraina è necessario accelerare gli investimenti pubblici e privati, difendere i salari e le pensioni dalla fiammata inflazionistica, puntare alla qualità e stabilità del lavoro, soprattutto per i giovani e per le donne, sostenere le imprese in crisi: questioni che portano con sé tutte le altre, a partire dall'attuazione degli affidamenti che ci siamo dati con il Governo per una governance partecipata del Pnrr.
Ecco perché è importante che il premier Draghi abbia indicato alle parti sociali l'obiettivo di un patto sociale, una strada auspicata da tempo dalla Cisl, per affrontare questa transizione difficile e complessa. Bisogna ammodernare il modello di sviluppo del Paese, a partire dalla progettazione di nuove politiche pubbliche, industriali, energetiche e fiscali oltre che sociali e previdenziali. Una sfida così alta la si vince solo accettando il confronto e verificando quanto ognuno sia disposto realmente ad investire per ricostruire ed unire il nostro Paese, per il riscatto del Mezzogiorno, per combattere illegalità e diseguaglianze.
Il patto sociale deve puntare a generare e redistribuire la crescita, tenendo insieme sviluppo, produttività e incremento dei redditi. Questo è oggi il tema centrale. La questione salariale non è solo un problema sociale rilevantissimo, ma è un cruciale nodo macroeconomico. A causa degli effetti della pandemia e della frammentazione delle catene del valore, l'export da solo non è più in grado di sostenere la ripresa. Le aziende sono legate come non mai all'andamento dei consumi interni, che tuttavia sono frenati dalla poderosa perdita del potere d'acquisto delle famiglie. Mai come oggi coesione e sviluppo marciano 1ns1eme.
In questa situazione il rischio è di affiancare all'inflazione anche la stagnazione economica. La sfida è sostenere, da subito, il potere d'acquisto ed i consumi senza far ulteriormente crescere l'inflazione con azioni emergenziali e strutturali. Non dobbiamo consegnarci ad automatismi demagogici o ad interventi legislativi sul salario, che non farebbero che peggiorare la situazione, togliendo autonomia alle parti sociali e innescando un'insostenibile rincorsa tra costi e valore reale dei redditi. Serve un ventaglio di azioni coordinate in uno schema triangolare che veda il Governo garante e protagonista diretto di un complessivo accordo di concertazione. I tempi ci sono. Bisogna lavorare a una nuova politica dei redditi che metta al centro le ragioni della crescita e della sua distribuzione. Ognuno deve fare la propria parte.
Il Governo, innanzi tutto, che deve alleggerire il carico fiscale sulle fasce medio-popolari, defiscalizzare i frutti della contrattazione, incrementare i sostegni contro il caro bollette, sboccare gli investimenti. Bisogna investire molto di più dei 5 miliardi previsti dal Def, alla luce del fatto che gli aumenti dei prezzi graveranno entro dicembre almeno per 70 miliardi sui redditi delle famiglie e sui bilanci delle imprese. Le risorse vanno trovate in un nuovo scostamento, ma anche nell'incremento massiccio dei prelievi fiscali sugli extra profitti e dalla redistribuzione di tutta l'Iva aggiuntiva. Quanto ai meccanismi contrattuali di governo delle dinamiche dei prezzi, bisogna assicurare il recupero dell'inflazione reale andando oltre il "modello Ipca", che non recepisce la componente energetica. L'adeguamento salariale dovrà avvenire durante e non al termine dei rinnovi contrattuali.
Tutto questo va affrontato dentro la dimensione di un patto che, lo ribadiamo, serve a costruire i contenuti che sceglieremo insieme. Un'opportunità tanto più per chi afferma che il Governo chiama il sindacato solo a decisioni prese. Dire di no a priori vuol dire rifiutare il metodo della corresponsabilità e perdere la chance storica di far partecipare il mondo del lavoro al cambiamento, decidere di relegarlo a una logica conflittuale e divisiva che rischia solo di isolarlo. Invece oggi più che mai bisogna stare dentro al cantiere del nuovo, negoziare sviluppo e coesione, dare alle riforme traguardi condivisi e precisi cronoprogrammi.
Ci sono da portare al traguardo ammortizzatori sociali e politiche attive universali, da mettere in campo nuove politiche abitative per soccorrere tante famiglie in difficoltà; serve il più grande investimento di sempre sulla formazione e una svolta sulla partecipazione dei lavoratori alla vita e alle decisioni strategiche delle imprese pubbliche e private. Questa sarà a nostro avviso la chiave di volta di un patto per un'Italia moderna, competitiva, solidale e sostenibile.

Luigi Sbarra, segretario generale della CISL.

 

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